[LaStampa] [it] Il futuro della Rete, bene comune o sorveglianza collettiva?

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Le rivelazioni di Edward Snowden sui programmi di raccolta di informazioni da parte della National Security Agency, resi possibili grazie alla collaborazione dei colossi della rete, non avrebbero dovuto stupirci. Di certo non hanno stupito Stefano Rodotà. L’ex Garante della privacy si era trovato, in sede europea, a dover interloquire con la controparte statunitense, per regolamentare il flusso di dati personali tra le due sponde dell’Atlantico. Da quell’osservatorio privilegiato aveva potuto intuire ciò che l’opinione pubblica ha conosciuto grazie al cosiddetto Datagate: una “joint venture” tra agenzie pubbliche di intelligence e multinazionali del web per aver accesso a dati riservati degli utenti di internet. […]

La consapevolezza etica deve far però i conti con la tecnica. Le tecnologie vanno si inquadrate in un più vasto orizzonte politico e di critica sociale. Ma da qualcosa bisogna pur cominciare. E allora, lo ha ben ricordato Jérémie Zimmerman, fondatore e portavoce del gruppo francese La Quadrature du net tra i principali protagonisti della battaglia che ha portato all’abbandono del discusso accordo Acta, bisogna sporcarsi le mani con questioni tecniche imprescindibili come la natura decentralizzate delle infrastrutture di comunicazione, la neutralità della rete, la crittografia ed il software libero. “Gli utenti dovrebbero appropriarsi di alcuni concetti tecnologici, per capire come ricostruire ex novo determinate tecnologie, o magari per abbandonarle del tutto. O forse più semplicemente, per ritornare a comprendere cosa significa essere offline”. […]

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